mercoledì 10 ottobre 2007


Il danno all’ambiente nel T.U.tra interesse diffuso e posizioni soggettive
Il commento
Il danno all’ambiente come bene unitario e la sua tutela da parte degli enti esponenziali di interessi collettivi
Le sentenze offrono lo spunto per alcune considerazioni sul nuovo regime relativo al danno ambientale, cosı` comedelineato dal D.Lgs. n. 152/2006 (1).
Tale nuovo regime infatti, per il modo in cui e` stato configurato, per le definizioni che introduce di danno all’ambiente e per le scelte di fondo seguite circa i soggetti legittimati a farlo valere, comporta in certa misura un ripensamento del legislatore rispetto alle scelte operate
Le massime, i principi
I. Corte di Cassazione Penale sez. III, sentenza 15 gennaio 2007, n. 554
Pres. E. Papa - Rel. C. Squassoni
Danno ambientale - Risarcimento danni - Associazioni e comitati - Associazioni ecologiste - Legittimazione processuale - Presupposti - Art. 13, Legge n. 349/1986 - C.d. sostituzione processuale.
Le associazioni ambientaliste portatrici di interessi superindividuali possono intervenire nei procedimenti per reati di danno ambientale, con poteri identici a quelli della persona offesa, della quale e` pero` necessario il costante consenso come requisito della loro legittimazione processuale, sicche´, ove questo manchi, l’avviso circa la richiesta di archiviazione non e` dovuto.
Associazioni e comitati - Associazioni ambientaliste, partecipazione al processo penale - Due differenti istituti
- Presupposti di legge - Art. 91 c.p.p.
Sussistono due differenti istituti che consentono l’accesso al giudizio penale di formazioni sociali ambientaliste portatrici di interessi superindividuali tali sodalizi, quando sussistano i presupposti di legge, possano costituirsi parti civili oppure possono intervenire nel processo a sensi dell’art. 91 c.p.p., con poteri identici a quelli della persona offesa al cui consenso e` subordinato l’esercizio dello intervento stesso.
II. Corte di Cassazione Penale sez. III, sentenza 3 novembre 2006, n. 36514
Pres. Lupo - Est. Fiale - Ric. Censi ed altri
Danno ambientale - Soggetto privato -Legittimazione

Anche la persona singola o associata e non solo i soggetti pubblici sono legittimati al risarcimento del danno ambientale in nome dell’ambiente come diritto fondamentale di ogni uomo e valore di rilevanza costituzionale.
Nota:
(1) Sulle problematiche sollevate dal nuovo D.Lgs. n. 152/2006, anche per cio`
che riguarda i profili relativi al danno all’ambiente, si veda:
– Commento al Testo Unico Ambientale, a cura di F. Giampietro, Iposa, 2007
Testo Unico
Legittimazione ad agire
AMBIENTE & SVILUPPO
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nel 1986, scelte potenzialmente incidenti sulla «natura» stessa del bene oggetto di tutela.
E `utile ricordare che il concetto di ambiente cui faceva riferimento il legislatore nella legge n. 349/1986, istitutiva del Ministero dell’Ambiente, prendeva spunto, come e` naturale, dall’elaborazione dottrinale preesistente alla stessa.
Nella dottrina risalente erano infatti individuabili almeno due orientamenti, a seconda che all’ambiente fosse riconosciuto o meno rilievo giuridico quale bene autonomo,
soggetto di specifica e separata tutela rispetto alle suesingole componenti.
Al primo orientamento si riportavano coloro che concepiscono il concetto di ambiente non in termini unitari,bensı` in modo frazionato.
Tale dottrina trovava conferma nella disciplina positiva, che, soprattutto in origine, aveva affrontato le questioni ambientali in maniera settoriale e frammentata (2).
Altri autori si erano parzialmente uniti a questa concezione, riferendosi talora alle «utilita` sottese» alle leggi di tutela, ovvero ai principi costituzionali enunciati negli articoli
9 e 32 della Costituzione (3).
Al secondo orientamento si ascrivevano invece coloro che, gia` prima dell’entrata in vigore della legge n. 349/ 1986, ipotizzavano una concezione unitaria dell’ambiente, affermando che l’ambiente debba essere pur sempre inteso come un «diritto dell’uomo, attributo fondamentale
della personalita` e parallelo dovere di solidarieta` sociale» (4).
La legge n. 349/1986 sposava, all’art. 18, una tutela dell’ambiente nel suo complesso, certamente inteso come bene unitario, anche se non offriva alcuna definizione di tale bene.
La natura del bene ambiente come bene «unitario», collettivo e superindividuale, si rifletteva anche sulla legittimazione ad agire per la tutela del medesimo predisposta dalla legge n. 349/1986, all’interno dello schema generale dell’azione aquiliana di cui all’art. 2043, cod. civ..
Tale legittimazione spettava pertanto, oltre che allo Stato, agli enti territoriali sui quali incidono i beni oggetto del fatto lesivo.
La legittimazione degli enti territoriali era autonoma e disgiunta, non configurandosi in proposito un litisconsorzio necessario tra Stato e ente territoriale (5).
Alle associazioni ambientaliste erano riconosciuti soltanto i seguenti poteri: quello di denuncia, ex art. 18, quartocomma.
Quello di intervento in sede civile e in sede penale, ex art. 18, quinto comma, prima parte, e quello di ricorso insede amministrativa per l’annullamento di atti illegittimi lesivi dell’ambiente, ex art. 18 quinto comma, seconda parte.
Va peraltro ricordato che gli articoli 91 e 92 del codice di procedura penale consentono un intervento delle associazioni «portatrici di interessi» accanto alla persona offesa dal reato, consentendo cosı` alle stesse di rivestire un ruolo nel procedimento penale.
La legge n. 265/1999 (attualmente art. 9, comma 3, D.Lgs.18 agosto 2000, n. 267), aveva poi portato un sostanzialecambiamento nel sistema introdotto dall’art. 18: (6) all’art. 4, comma 3, la norma ha infatti disposto che:
«Le associazioni di protezione ambientale di cui all’art. 13 della legge 8 luglio 1986, n. 349, possono proporre le azioni risarcitorie di competenza del giudice ordinario che spettino al comune o alla provincia, conseguenti a danno ambientale.
L’eventuale risarcimento e` liquidato in favore dell’ente sostituito e le spese processuali sono liquidate in favore o a carico dell’associazione».
Secondo la Corte di Cassazione l’art. 18 della legge 349 non avrebbe poi ne´ definito un nuovo diritto, ne´ individuato un nuovo bene giuridico meritevole di tutela, ma si
sarebbe invece limitato a ripartire la legittimazione attiva tra i vari soggetti preposti alla protezione dell’ambiente, bene gia` tutelabile sulla base del solo art. 2043 del codice civile.
Anche la successiva sentenza della Corte di Cassazione civile, sez. III, sentenza 3 febbraio 1998, n. 1087, ha confermato tale approccio interpretativo.
A tale impostazione «olistica» dell’ambiente si aggiungeva poi la teorica elaborata dalla dottrina e dalla giurisprudenza amministrativa in tema di interessi diffusi e di interessi collettivi, secondo cui gli interessi diffusi, che sono in genere comuni a tutti gli individui di una formazione sociale o addirittura della comunita` nazionale o internazionale, sono privi di tutela giurisdizionale, non
Note:
(2) Si vedano:
– B. Caravita, Diritto dell’ambiente, Bologna, 2001, pag. 19;
– M. Giannini, Ambiente: saggio sui diversi suoi aspetti giuridici, in Diritto e
ambiente. Materiali di dottrina e giurisprudenza, G. Alpa e M. Almerighi (a
cura di), Padova, 1984, pag. 37.
(3) Autore della prima teoria:
– V. Onida, La ripartizione delle competenze per l’ambiente nella pubblica
amministrazione, in Rivista giuridica dell’ambiente, 1986 pag. 11.
Quanto alla seconda, si veda:
– E. Capaccioli e F. Dal Piaz, Ambiente (Tutela dell’), in Novissimo Digesto
Italiano, Appendice,1980, pag. 257 e segg.
(4) Si veda:
– Postiglione, Ambiente: suo significato giuridico unitario, in Rivista trimestrale
di diritto pubblico, 1985, pag. 35
(5) Si veda:
– M. Taruffo, La legittimazione ad agire e le tecniche di tutela nella nuova
disciplina del danno ambientale, pag. 430
(6) Si veda la legge 3 agosto 1999, n. 265, attualmente abrogata.
L’art. 4, comma 3, e` stato recepito dall’art. 9, comma 3, D.Lgs. 18 agosto 2000,
n. 267 - Testo Unico delle leggi sull’ordinamento degli enti locali.
Testo Unico
Legittimazione ad agire
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essendo suscettibili di appropriazione individuale, e quindi
«adespoti», cioe` privi di titolari.
Da un processo di soggettivizzazione degli interessi
diffusi nascerebbero quindi gli interessi collettivi, suscettibili
di tutela giurisdizionale, in quanto trovano titolarita` in
enti esponenziali capaci di agire, che si distinguono tanto
dalla comunita` generale quanto dai singoli associati nell’organizzazione.
Come noto, la Cassazione (7), ha poi statuito che anche
la lesione di un interesse legittimo puo` essere fonte di
responsabilita` aquiliana, giacche´ il danno ingiusto risarcibile
ai sensi dell’art. 2043 cod. civ. e` quello che si risolve
nella lesione di un interesse rilevante per l’ordinamento,
a prescindere dalla sua qualificazione formale,
e in particolare senza che assuma rilievo la qualificazione
dello stesso in termini di diritto soggettivo.
Ne deriva che anche gli enti esponenziali di interessi
collettivi possono essere danneggiati (in senso proprio)
da attivita` lesive degli interessi di cui sono portatori, e
quindi agire per la tutela dei medesimi.
La tutela degli interessi diffusi
nel D.Lgs. n. 152/2006
Dalla lettura delle norme di cui agli artt. 299 e segg.,
D.Lgs. n. 152/2006 si desume ora una riserva a favore
dello Stato, e segnatamente del Ministero dell’Ambiente
e del Territorio, circa i poteri di tutela preventiva
e riparatoria del danno ambientale.
Esso infatti viene visto come l’organo dell’amministrazione
centrale che puo` e deve in prima battuta disporre tutti
gli interventi a tutela dell’ambiente, al punto che gli enti
territoriali possono in primo luogo sollecitare i poteri dell’organo
centrale e poi agire (in via amministrativa) solo
in caso di inerzia o di non condivisione delle decisioni
adottate dallo stesso (8).
L’art. 311, comma 1, individua percio` il titolare delle azioni
di risarcimento del danno nello Stato, attribuendo la
legittimazione ad agire solo ed esclusivamente al Ministro
dell’Ambiente, con il patrocinio obbligatorio ed
organico dell’Avvocatura dello Stato.
In ossequio a tale impostazione, e` stato cosı` affermato
da recente giurisprudenza di merito che:
«deve ritenersi assorbente l’iniziativa, autonoma o sollecitata,
dell’organo centrale costituito dal Ministero dell’Ambiente
e del Territorio... per espressa dizione dell’art.
311, legge citata, e` il solo Ministero suddetto che puo`
azionare in sede penale il diritto al risarcimento del
danno ambientale, cio` in coerenza con il dato secondo
cui gli oneri di intervento, riparazione ecc. appaiono sostenuti
in ultima istanza dall’organo centrale .... e l’art.
318, comma 2, lett. A) della legge n. 152/2006, ha
espressamente abrogato, ad eccezione del comma 5,
l’art. 18 della legge n. 349/1986 e successive integrazioni,
che al comma 3 prevedeva la legittimazione degli enti
territoriali in aggiunta allo Stato per l’azione di risarcimento
«del danno anche in sede penale, per cui allo stato
attuale della legislazione e` l’organo dell’amministrazione
centrale legittimato a costituirsi parte civile nel
processo penale in relazione al danno ambientale
» (9).
Le nuove previsioni normative in tema di legittimazione
ad agire potrebbero avere riflessi decisivi sulla qualificazione
del danno all’ambiente e sulla natura giuridica del
bene tutelato, e creano significative ambiguita` .
Il ruolo delle persone fisiche e giuridiche
nel D.Lgs. n. 152/2006
Va infatti osservato come la «riserva» in capo al Ministero
dell’Ambiente disposta dalla nuova normativa non si
presenti poi cosı` assoluta come forse avrebbe inteso in
legislatore.
Sebbene sia chiaro, nel nuovo regime, che i privati non
possono agire contro i diretti responsabili per la tutela
dell’ambiente, essi possono pur sempre ricorrere in
via giurisdizionale per ottenere il risarcimento del «danno
all’ambiente» patito a causa dell’inerzia del Ministero dell’Ambiente
in relazione a «qualsiasi caso di danno ambientale
o di minaccia imminente di danno ambientale».
Con cio` quindi essi possono far valere una responsabilita`
omissiva, la` dove non possono agire per far valere
un comportamento doloso o colposo tenuto con modalita`
attive.
E `
inoltre da ritenere che i soggetti in questione possano
agire per i riflessi che il danno all’ambiente nel suo complesso
arreca alle posizioni soggettive delle persone fisiche
e giuridiche diverse dalla Stato.
Note:
(7) Cass. Civ. SS.UU 22 luglio 1999, n. 500, Com. Fiesole c. Vitali, rv. 530533.
(8) All’art. 309 viene quindi tra l’altro previsto che:
«Le Regioni, le Province autonome e gli Enti locali, anche associati, nonche´ le
persone fisiche o giuridiche che sono o che potrebbero essere colpite dal danno
ambientale o che vantino un interesse legittimante la partecipazione al
procedimento relativo all’adozione delle misure di precauzione, di prevenzione
o di ripristino previste dalla parte sesta del presente decreto possono presentare
al Ministro dell’Ambiente e della Tutela del Territorio, depositandole
presso le Prefetture - Uffici territoriali del Governo, denunce e osservazioni,
corredate da documenti ed informazioni, concernenti qualsiasi caso di danno
ambientale o di minaccia imminente di danno ambientale e chiedere l’intervento
statale a tutela dell’ambiente a norma della parte sesta del presente
decreto».
Al successivo art. 310 viene poi previsto che:
«I soggetti di cui all’articolo 309, comma 1, sono legittimati ad agire ... per il
risarcimento del danno subito a causa del ritardo nell’attivazione, da parte del
medesimo Ministro, delle misure di precauzione, di prevenzione o di contenimento
del danno ambientale».
(9) Tribunale di Napoli, sent. 12 gennaio 2007.
Testo Unico
Legittimazione ad agire
AMBIENTE & SVILUPPO
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Inoltre, come si e` gia` rilevato in altre sedi, mentre la
nuova norma stabilisce da un lato il principio generale
della titolarita` esclusiva in capo allo Stato della pretesa
risarcitoria in materia di danno ambientale, dall’altro essa
ammette, sul piano concettuale, che anche tutte «le persone
fisiche o giuridiche», oltre che gli enti espressione
della collettivita` locale, possano in realta` essere «colpite
dal danno ambientale» in senso stretto (e cioe` dal danno
all’ambiente cosı` come definito dal D.Lgs. n. 152/
2006, diverso dai diritti soggettivi compromessi dal medesimo
fatto produttivo del danno ambientale).
A cio` si deve aggiungere come anche dopo l’entrata in
vigore del D.Lgs. n. 152/2006, la Cassazione abbia ribadito
che:
«Il danno ambientale non consiste solo in una «compromissione
dell’ambiente» in violazione delle leggi ambientali,
ma anche contestualmente in una «offesa della persona
umana nella sua dimensione individuale e sociale»,
e che pertanto il diritto a costituirsi parte civile spetta
anche «alla persona singol a o associata» (10).
Anche la decisione del Tribunale di Napoli sopra citata ha
affermato che:
«i molteplici profili di valenza del danno all’ambiente secondo
l’art. 300 non escludono in astratto ulteriori
connotazioni di danno riconducibili ad altri titolari
per i quali, pertanto, non puo` elidersi in via pregiudiziale
la legittimazione attiva degli stessi enti territoriali,
di associazioni, singoli o privati».
La predetta giurisprudenza va nella direzione delle numerose
decisioni secondo le quali le associazioni ecologiste,
(ancorche´ non riconosciute ex art. 13, legge n. 349/
1986), sarebbero comunque gia` state legittimate in via
autonoma e principale all’azione di risarcimento per il
danno ambientale e, quindi, a costituirsi parte civile nel
processo penale, quando siano, in base al loro statuto,
portatrici di interessi ambientali, territorialmente delimitati,
in modo concreto lesi dalla attivita` illecita (11).
Tali aspetti paiono sempre riguardare i profili soggettivi
del «danno all’ambiente» vero e proprio, e non devono
essere confusi con la previsione di cui all’art. 313, comma
7, D.Lgs. n. 152/2006, ove viene detto che:
«Resta in ogni caso fermo il diritto dei soggetti danneggiati
dal fatto produttivo di danno ambientale, nella loro
salute o nei beni di loro proprieta` , di agire in giudizio nei
confronti del responsabile a tutela dei diritti e degli interessi
lesi».
Il legislatore, al comma 7 dell’art. 313, parla infatti del
«danno a singoli beni lesi dal fatto produttivo di danno
ambientale», come tali distinti da quest’ultimo ed oggetto
di separata tutela in base alle norme codicistiche ordinarie
(12), anche se limita incomprensibilmente l’ambito
di tali diritti tutelabili in via ordinaria alla salute ed alla
proprieta` .
Accanto quindi alla dimensione di interesse diffuso o
collettivo del danno all’ambiente, si riaffaccia una concezione
di tale istituto rilevante come vero e proprio diritto
dell’individuo, del quale lo Stato non pare quindi
potersi farsi esclusivo portatore, e per cui parrebbe invece
residuare una legittimazione attiva degli individui e
degli enti che si affianca a quella del soggetto pubblico.
Come la «componente soggettiva» del danno ambientale
trovera` tutela giudiziale nel nuovo regime rimane pertanto
un punto aperto.
ta di fatto che la sua riproposizione stride con quello che
si vorrebbe essere un tendenziale «monopolio» del Ministero
dell’Ambiente nell’attivare l’azione di risarcimento
del danno all’ambiente, monopolio per il cui perseguimento
si e` comunque deciso di espungere gli enti territoriali
dai soggetti legittimati a promuovere l’azione di
risarcimento del danno all’ambiente.
Il documento
I. Corte di Cassazione Penale, sez. III- sentenza 15 gennaio 2007, n. 544
- Omissis -
MOTIVI DELLA DECISIONE
Con decreto 22 settembre 2004, il Giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Foggia ha disposto l’archiviazione
di un procedimento instaurato a carico di ignoti per il reato previsto dall’art. 51 D.Lgs. n. 22/1997.
L’archiviazione non e` stata preceduta dall’avviso ex art. 408, c.p.p. alla associazione «Verdi Ambiente e societa`
Note:
(10) Si veda:
– A. Bressan, Ambiente Consulenza e pratica per l’impresa, 1997,12, pag.
992
(11) Si vedano:
– Cass. pen sez. III, sent. 3 ottobre 2006, n. 1510.
In precedenza, si veda:
– Cass. pen., sez. III, 19 novembre 1996, n. 9837.
(12) Ex plurimis Cass. pen. sez. III, sentenza 15 gennaio 2007, n. 554.
Testo Unico
Legittimazione ad agire
AMBIENTE & SVILUPPO
580 7/2007
Onlus». Secondo la tesi del Pubblico Ministero, condivisa dal Giudice, il sodalizio poteva solo, a sensi dell’art. 18,
Legge n. 349/1986, costituirsi parte civile o, a sensi dell’art 9, comma 3, D.Lgs. n. 267/2000, proporre le azioni
risarcitorie di competenza del Giudice ordinario che spettano al Comune o alla Provincia; l’associazione non era
facoltizzata ad intervenire nel procedimento con la procedura dell’art. 91 c.p.p. e, di conseguenza, non poteva
esercitare i diritti e le facolta` della persona offesa anche per mancanza del consenso della stessa richiesto dall’art.
92, comma 1, c.p.p..
Per l’annullamento del decreto, ricorre in Cassazione il legale rappresentante della associazione «Verdi Ambiente e
societa` Onlus» (riconosciuta a sensi dell’art. 13, Legge n. 349/1986) deducendo violazione dell’art. 408 c.p.p. e
formulando censure inerenti alla possibilita` del sodalizio di partecipare al processo secondo il disposto dell’ art. 91
c.p.p.; tali deduzioni sono fondate.
Deve, innanzi tutto, premettersi come non sia pertinente al caso il richiamo all’art. 9, D.Lgs. n. 267/2000 che mira a
disciplinare la cd sostituzione processuale delle associazioni ambientaliste nei giudizi di danno di competenza del
Giudice ordinario che spettano al Comune o alla Provincia.
Cio` in quanto la problematica che il ricorso pone concerne la verifica dello assunto del Pubblico Ministero, fatto proprio
dal Giudice, secondo il quale la legge n. 349/1986 riconosce alle associazioni ambientaliste la unica possibilita` di
costituirsi parte civile nel processo penale, ma non di esercitare le facolta` della persona offesa.
La conclusione non e` condivisibile.
Le associazioni ecologiste, secondo la giurisprudenza prevalente, ancorche´ non riconosciute ex art. 13 Legge n. 349/
1986, sono legittimate in via autonoma e principale all’azione di risarcimento per il danno ambientale e, quindi, a
costituirsi parte civile nel processo penale quando siano, in base al loro statuto, portatrici di interessi ambientali,
territorialmente delimitati, in modo concreto lesi dalla attivita` illecita (ex plurimis Cass. sez. terza, sentenza n. 33887/
2006).
Inoltre, l’art. 18. comma 5, Legge n. 349/1986 recita che «Le associazioni individuate in base all’art. l3 della presente
legge possono intervenire nei giudizi di danno ambientale e ricorrere in sede di giurisdizione amministrativa......».
La previsione legislativa, introdotta in epoca anteriore alla entrata in vigore del codice di rito 1989, deve essere
armonizzata sistematicamente con gli attuali istituti processuali alla luce dell’art. 212 delle norme di coordinamento;
quando una legge, in epoca antecedente al 24 ottobre 1989, permette l’intervento nel processo anche al di fiori della
costituzione di parte civile, e` consentito solo l’intervento nei limiti ed alle condizioni di cui all’art. 91 ss., c.p.p.
Di conseguenza, si deve ritenere che sussistono due differenti istituti che consentono l’accesso al giudizio penale di
formazioni sociali ambientaliste portatrici di interessi superindividuali tali sodalizi, quando sussistano i presupposti di
legge, possano costituirsi parti civili oppure possono intervenire nel processo a sensi dell’art. 91 c.p.p., con poteri
identici a quelli della persona offesa al cui consenso e` subordinato l’esercizio dello intervento stesso.
Il «costante consenso della persona offesa» e` un requisito per la legittimazione processuale degli enti e delle
associazioni.
Sul punto, non puo` condividersi la tesi sostenuta dal Procuratore Generale nella sua requisitoria scritta (confortata da
una sentenza della Cassazione -Sezione quinta, sentenza n. 2361/1996- che, tuttavia, non affrontava un caso sovrapponibile
a quello in esame); secondo questa prospettazione, la Legge n. 349/1966 ha offerto un generale e preventivo
consenso alle associazioni, che assecondano l’attivita` ecologista dello Stato, ad intervenire nel processo per cui quello
delle persone offese, previsto dall’art. 92, comma 1, c.p.p., non e` necessario in quanto presunto di diritto.
Ora e` vero che la Legge n. 349/1986 consentiva l’ingresso nel processo senza la necessita` del consenso delle
persone offese. Tuttavia, come si e` accennato, l’art. 212 delle norme di coordinamento ha espressamente enunciato
che tutte le forme atipiche di intervento nel processo siano ricondotte nei «limiti ed alle condizioni» di cui agli artt. 91
ss., c.p.p.; ne´ la Legge n. 349/1986 poteva introdurre, con un consenso generalizzato prestato una tantum, una
eccezione relativa ai requisiti di accesso nel giudizio penale per una figura processale all’epoca inesistente.
In ragione della inequivoca enunciazione dell’art. 92, comma 1, c.p.p., la Corte ritiene che anche le associazioni
ambientaliste, al fine che rileva, necessitino del consenso da parte della persona offesa, se individuabile, o da parte
dell’ente territoriale competente.
Nel caso concreto, la associazione «Verdi Ambiente e societa` Onlus» non era legittimamente intervenuta nel procedimento
in carenza del necessario consenso della persona offesa per cui l’avviso della richiesta di archiviazione non le
era dovuto.
P.Q.M.
- Omissis -
Testo Unico
Legittimazione ad agire
AMBIENTE & SVILUPPO
7/2007 581
II. Corte di Cassazione Penale, sez. III - 3 novembre 2006, sentenza n. 36514
- Omissis -
SVOLGIMENTO DEL PROCEDIMENTO
Con sentenza del 18 maggio 2005 la Corte di Appello di Perugia confermava la sentenza 5 luglio 2004 del Tribunale
monocratico di quella citta` , che aveva affermato la responsabilita` penale di C.E., F.G. e P.C. in ordine al reato di cui:
– al D.Lgs. n. 490 del 1999, artt. 151 e 163, per avere - nelle rispettive qualita` di direttore generale della Comunita`
Montana Monti del Trasimeno, direttore ed esecutore dei lavori - eseguito in zona sottoposta a vincolo paesaggistico,
opere per la realizzazione di una pista ciclabile in difformita` da quanto stabilito da una conferenza di servizi del
17 maggio 1998 e dal documento istruttorio dell’Ufficio urbanistica e beni ambientali della Regione Umbria,
procedendo al non autorizzato (ed anzi espressamente vietato) abbattimento di n. 9 pioppi e n. 37 salici - acc. in
Castiglione del Lago, il 4 maggio 2001 e, riconosciute circostanze attenuanti generiche, aveva condannato ciascuno
alla pena di giorni 20 di arresto ed Euro 11.000,00 di ammenda - ordinando la rimessione in pristino dello
stato originario dei luoghi e concedendo i doppi benefici - nonche´ al risarcimento solidale dei danni cagionati alla
costituita parte civile W I., da liquidarsi in separata sede.
Avverso tale sentenza ha proposto ricorso il difensore degli imputati, il quale ha eccepito, sotto i profili della violazione
di legge e del vizio di motivazione:
1) l’erroneo disconoscimento del legittimo impedimento di esso difensore (occupato in altra attivita` professionale) a
presenziare all’udienza del 18 maggio 2005;
2) la intervenuta estinzione del reato, in seguito al rilascio, in data 12 maggio 2005, da parte del Comune di Castiglione
del Lago, di un provvedimento di accertamento di compatibilita` ambientale, rilevante ai sensi del D.Lgs. n. 42 del
2004, art. 181, comma 1 ter;
3) la incongrua affermazione dell’esistenza di continuita` normativa tra le disposizioni di cui al D.Lgs. n. 490 del 1999,
art. 163, ed al D.Lgs. n. 42 del 2004, art. 181;
4) la insussistenza del reato in quanto, negli atti autorizzatori rilasciati per la realizzazione della pista ciclabile, il divieto
di abbattimento avrebbe riguardato esclusivamente «le piante di alto fusto in eta` matura», piante che tuttavia gli
esecutori dell’opera avrebbero potuto anche abbattere in carenza di condizioni idonee a consentire spostamenti di
percorso;
5) la mancanza di prove in ordine all’attribuibilita` dei fatti a ciascuno degli imputati;
6) il difetto di «legitimatio ad causam» della costituita parte civile e l’infondatezza della condanna degli imputati al
risarcimento del danno in favore della stessa.
Il difensore della parte civile ha depositato memoria in data 22 settembre 2005.
MOTIVI DELLA DECISIONE
1. Deve rilevarsi, anzitutto, che non puo` trovare applicazione il disposto del D.Lgs. n. 42 del 2004, art. 181, comma 1
ter, poiche´ - come documentalmente dimostrato dal difensore di parte civile - l’accertamento di compatibilita` ambientale
emesso in data 12 maggio 2005 dal Comune di Castiglione del Lago e` stato «revocato» con successivo
provvedimento del 7 luglio 2005, per non essere stato acquisito preventivamente il prescritto parere della competente
Soprintendenza. 2. Le deduzioni svolte dai ricorrenti (nel quinto motivo di ricorso) in punto di individuazione delle
rispettive responsabilita` personali - pur non sussistendo le condizioni per una piu` favorevole pronuncia nel merito, ex
art. 129 c.p.p. - non sono manifestamente infondate. L’impugnata sentenza, pero` , deve essere annullata senza rinvio,
poiche´ il reato e` estinto per prescrizione.
Trattasi, infatti, di contravvenzione accertata il 4 maggio 2001, sicche´ il termine massimo prescrizionale (di anni 4 e
mesi 6, ex art. 157 c.p. e ex art. 160 c.p., u.c.) - nell’assenza di sospensioni - si e` definitivamente compiuto il 4
novembre 2005.
3. In ordine alle statuizioni relative all’azione civile va evidenziato quanto segue:
– questa Corte Suprema, sul presupposto che il danno ambientale non consiste soltanto in una compromissione
dell’ambiente in violazione di leggi specifiche bensı` pure, contestualmente ed inscindibilmente, in una «offesa
della persona umana nella sua dimensione individuale e sociale», ha affermato che la legittimazione a costituirsi
parte civile non spetta solo ai soggetti pubblici (attualmente, ai sensi del D.Lgs. 3 aprile 2006, n. 152, art. 311,
comma 1, essendo stato espressamente abrogata la Legge n. 3439 del 1986, art. 18, titolare esclusivo della
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582 7/2007
pretesa risarcitoria in materia di danno ambientale e` lo Stato nella persona del Ministro dell’Ambiente), in nome
dell’ambiente come interesse pubblico, ma anche alla persona singola o associata, in nome dell’ambiente come
diritto fondamentale di ogni uomo e valore di rilevanza costituzionale (vedi Cass. sez. III:19 novembre 1996, n.
9837, Locatela e 23 novembre 1989, n. 16247, Castaldi);
– la parte civile W. I., pero`, e` coinvolta direttamente nella vicenda con profili spiccatamente personali perche´, in
relazione ai lavori in oggetto, e` stata interessata da occupazione di urgenza di un proprio fondo disposta dal
Comune di Castiglione del Lago con decreto n. 33810 del 28 dicembre 2000 (vedi verbale in atti di stato di
consistenza della relativa area ed immissione dell’Amministrazione comunale nel possesso della stessa);
– la oggettiva illiceita` dell’abbattimento delle piante indicate nel capo di imputazione non e` revocabile in dubbio,
tenuto conto del sicuro contrasto con gli atti autorizzatoli rilasciati per la realizzazione della pista ciclabile, evidenziato
con motivazione logica, coerente ed esauriente dai giudici del merito. Tale abbattimento cagiona un’alterazione
del paesaggio potenzialmente idonea a compromettere, anche sotto il profilo patrimoniale, le caratteristiche
del fondo di proprieta` della W.;
– ai fini della pronuncia di condanna generica al risarcimento dei danni in favore della parte civile, non e` necessario
che il danneggiato dia la prova della effettiva sussistenza dei danni e del nesso di causalita` tra questi e l’azione
dell’autore dell’illecito, ma e` sufficiente l’accertamento di un fatto potenzialmente produttivo di conseguenze
dannose: la suddetta pronuncia, infatti, costituisce una mera declaratoria iuris, da cui esula ogni accertamento
relativo sia alla misura sia alla stessa esistenza del danno, il quale e` rimesso al giudice della liquidazione (vedi Cass.
pen. sez. I, 18 marzo 1992, n. 3220; sez. IV, 15 giugno 1994, n. 7008; sez. VI, 26 agosto 1994, n. 9266);
– la facolta` del giudice penale di pronunciare una condanna generica al risarcimento del danno, prevista dall’art. 539
c.p.p., non incontra restrizioni di sorta in ipotesi di incompiutezza della prova sul quantum, bensı` trova implicita
conferma nei limiti dell’efficacia della sentenza penale nel giudizio civile per la restituzione e il risarcimento del
danno fissati dall’art. 651 c.p.p., escludendosi, percio` , l’estensione del giudicato penale alle conseguenze economiche
del fatto illecito commesso dall’imputato (vedi Cass. pen., sez. IV, 26 gennaio 1999, n. 1045);
– la condanna generica al risarcimento dei danni, contenuta nella sentenza penale, pur presupponendo che il giudice
riconosca che la parte civile vi ha diritto, non esige alcun accertamento in ordine alla concreta esistenza di un danno
risarcibile, ma postula soltanto l’accertamento della potenziale capacita` lesiva del fatto dannoso e della probabile
esistenza di un nesso dı` causalita` tra questo ed il pregiudizio lamentato, salva restando nel giudizio di liquidazione
del quantum la possibilita` di esclusione dell’esistenza stessa di un danno unito da rapporto eziologico con il fatto
illecito (vedi Cass. civ. sez. III, 11 gennaio 2001, n. 329).
Devono confermarsi, pertanto, le statuizioni civili contenute nella sentenza impugnata ed i ricorrenti devono essere
condannati, in solido, al pagamento delle spese processuali di questo grado di giudizio a favore della costituita parte
civile, che si liquidano in complessivi Euro 1.050,00, oltre spese generali ed accessori di legge.
P.Q.M.
- Omissis -
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7/2007 583

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